L’ideologia: il sequestro della mente

Premesso che esistono atteggiamenti positivi e atteggiamenti negativi, tutti hanno in comune la resistenza ai tentativi di modificazione, tanto da determinare opposizioni molto forti. Un piatto di fritto misto di scarafaggi ed altri insetti in alcune parti del mondo fa venire l’acquolina in bocca, da noi il vomito. Per un credente cattolico un pezzo di pane può dir poco, ma se fosse consacrato, allora porterebbe ad atti come l’inchino, la genuflessione e l’adorazione.

Il segreto sta nel tener presente che l’atteggiamento guarda i suoi input soprattutto con gli occhi della memoria e delle convinzioni ivi contenute, le quali sono capaci di modificare la percezione fino a condizionarne la categorizzazione, cioè la definizione, degli input sensoriali ambientali e corporei secondo i suoi vissuti e i suoi ricordi.

Si tratta di un vero e proprio condizionamento del pensiero.

Ma come può l’atteggiamento diventare sequestro al punto che può generare mostruosità come il razzismo, il fanatismo, gli atteggiamenti distruttivi e le ideologie?

Tutto è da ricercare nei processi di categorizzazione o definizione, i quali possono trasformare un input secondario in primario. Il meccanismo è molto semplice, basta categorizzare come pericolo o minaccia un bersaglio qualunque.

Allora accadrà che un uomo d’un altro colore di pelle, diventi semplicemente il diverso, cioè l’inferiore, oppure che colui che ha un’altra fede appaia al fanatico come un pericolo, il nemico o il diavolo: uno da “distruggere”!

Le ideologie si nutrono di categorizzazioni oppositive che determinano un “essere-contro”, secondo il meccanismo del “capro espiatorio”: di questo si nutrono, insieme ai vari populismi e alle demagogie.

E ciò da sempre lo sanno molto bene tutti i demagoghi, i populisti e i vari dittatori che ancora oggi tormentano le nazioni e l’umanità. Il populista sa parlare alla “pancia della gente” attraverso un linguaggio rude, ipersemplificato e aggressivo. Con la categorizzazione negativa demonizza i contrari e elogia, blandisce e accende “il popolo”. Il demagogo invece è politico dotato di grande abilità retorica che attraverso false promesse, molto vicine però ai desideri del popolo, attira su di sé il favore. Una delle sue tecniche più forti consiste nel far leva sui bisogni sociali latenti fomentando le emozioni forti della paura, della rabbia e dell’odio contro l’avversario politico o le minoranze relegate alla funzione di “capro espiatorio”. I dittatori fanno uso di ambedue le strategie e accompagnano l’azione politica con l’uso della forza per erogare paura ai sottoposti e agli avversari.

Il sequestro ideologico parte da un errore (voluto, subito o appreso) di specificità che diventa un errore di categorizzazione, infatti definire un nero o uno zingaro un pericolo o una minaccia è un errore di categorizzazione, perché esistono uomini neri e bianchi, zingari e ciclisti, piuttosto che cuochi o lavandaie ecc. che posson essere un pericolo o una minaccia, ma non certamente per il semplice fatto di essere quel che sono, cioè neri, bianchi, zingari, ciclisti, cuochi e lavandaie, ma semplicemente perché chiunque lo può essere al di là di ogni specificazione.

Qualora si andasse ad analizzare la storia da questo punto di vista si noterebbe con facilità un avvicendarsi di “visioni del mondo” che in ogni secolo diventano ideologie, dentro le quali si annidano errori di categorizzazione che genereranno inevitabilmente conseguenze amare. Pare quasi che l’umanità non voglia diventare adulta ed abbia sempre bisogno di nemici per giustificare la propria paura e distruttività. Talché sembra che in politica sia l’istinto ad avere più potere che la razionalità. L’uomo nel gruppo, già lo ha osservato ampiamente la sociologia, tende a regredire e a rifugiarsi nelle ideologie. Nell’economia mentale è più facile; mentre pensare, cercare e dialogare costa il mettersi in discussione.

Il sequestro timico, generato dall’ideologia, viene abbondantemente praticato anche nella pubblicità commerciale. La tecnica è sempre la stessa: sostituire la normale categorizzazione con un’altra più suadente ed attraente come significato: fare di un prodotto un feticcio o una promessa di successo e di felicità. La cultura, a livello di analisi sociale, ancora non diffonde la conoscenza del potere devastante del sequestro timico, perciò si difende in qualche modo con sporadicità ed approssimazione, senza una strategia scientifica.