Il volto oscuro del potere è scritto nella frenesia del controllo tipico di personalità fondamentalmente carenti ed insicure.
Tra le emozioni distruttive va sicuramente annoverato il potere, ovverosia la frenesia del dominio e del controllo.
La storia è piena di personaggi potenti che riempiono i libri con le loro gesta, e le nostre città e vie con i loro nomi. Ma se si potesse chiedere un parere su di loro alle madri dei soldati morti, alle mogli vedove, ai figli orfani e alle popolazioni dei vinti a cui rimase solo la distruzione, allora la verità ci riserverebbe il racconto di canaglie e mascalzoni che in nome del loro potere e della loro fama hanno fatto carne da macello di tanta umanità impotente.
Conviene allora chiedersi: “Da dove viene tutto questo potenziale distruttivo?”
Dietro ogni poter far fare vi è un bisogno che caratterizza il modo di esercitare il potere. Quando la spinta al potere trae la sua origine nell’attrazione empatica, cioè dal condividere e sentire i bisogni degli altri, allora si ha il potere come servizio. Si tratta di mettere a disposizione della società le proprie capacità di direzione ed organizzazione.
Quando invece l’origine non è empatica, ma ostile, allora si sviluppa il bisogno di dominare le situazioni per far fronte a carenze pregresse, a trascuratezze e maltrattamenti, che stanno alla base del mix di paura/rabbia che ogni dominatore e conquistatore porta dentro di Sé. Questi personaggi trovano la loro determinazione in bisogni di sicurezza e di potenza, in bisogni di stima ed affetto mancati, in bisogni di autoesaltazione e in quella fame frenetica di potere la quale genera la motivazione al comando percepito come possibile saturazione e autorealizzazione. Il dominio è caratterizzato dalla capacità di erogare paura e ostilità, paventando nemici e pericoli continui a cui solo il potente sa dare risposta attraverso promesse che non sa però, se potrà mantenere; eroga tristezza isolando i contrari; gioca sui sensi di colpa dei riottosi etichettandoli come nemici del paese ed utilizza la forza contro i contrari.
Il suo nutrimento principale è la fama, il successo, celebrati su monete e monumenti, con feste che fanno il piacere del dominatore. Oggi li “ammiriamo in TV” intenti a riempirsi la bocca di successo, successo, successo… A ben vedere dietro ognuno di questi personaggi si cela un bullo. Svariate inchieste e ricerche confermano l’assenza di empatia o la presenza di bassi livelli di ascolto empatico nel bullismo. L’analisi di questi soggetti rivela una carenza di valutazione emotiva, quindi di insufficiente competenza relazionale. I bulli, essendo carenti nella capacità di leggere i segnali emotivi, tendono ad interpretare i comportamenti neutri o concilianti dei loro bersagli come un segnale dal significato ostile, laddove invece non c’è altro che il desiderio delle vittime di evitare la loro aggressività. Ed invece l’Altro per loro non può essere che minaccia. Tanti personaggi, che agli occhi dei più sembrano dei grandi, non son altro che dei bulli, dei pericoli vaganti, la cui distruttività può scatenarsi da un momento all’altro con parole apparentemente innocue e positive come difesa, conquista, vittoria, che invece non son altro che l’accensione della loro distruttività.
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