Non stupisca il titolo, perché dopo qualche spiegazione tutto sarà facilmente accessibile. Normalmente pensiamo che le azioni ed i fatti si svolgano secondo un continuo e meccanico susseguirsi di causa ed effetto. “Ho fatto questo, perché quello mi ha detto ecc.” “Mi è successo quest’altro, perché…”
In questo ragionare c’è un modo ingenuo e superficiale d’osservare le cose. I fatti non accadono come in un campo da bocce ben levigato dove le palle si toccano senza che apparentemente non intervenga nessun’altra forza. Noi siamo immersi in un campo dove non ci sono solo le leggi fisiche e i fatti, così ben visibili ed evidenti, ma anche i vissuti, le memorie e le emozioni di tutti, che sono poco visibili e verificabili.
Si tratta di capire la legge dell’appartenenza.
La grave malattia sociale dell’analfabetismo emotivo porta a confondere la proprietà con l’appartenenza. Di ciò che è di proprietà si può disporre. Della mia macchina io posso fare ciò che mi pare e piace come voglio: usarla, custodirla o anche distruggerla.
Non così nell’appartenenza. Le persone non sono proprietà di cui disporre, ma ci appartengono per connessione. I miei amici, le persone che mi circondano, gli altri, i miei parenti non sono un mio possesso, ma persone con le quali sono profondamente connesso.
Immaginiamo d’esser immersi tutti dentro una piscina. Se ognun di noi entra in acqua avendo un corpo pulito e nelle mani il miele, tutta la piscina rimarrà sana e diventerà dolce, ma se qualcuno è sporco e ha del veleno con sé, l’acqua sarà contaminata e avvelenerà tutti i bagnanti.
Questo dice che siamo tutti connessi e immersi in un campo in cui tutti interagiscono, anche se non ne son consapevoli.
Il mio male ed il mio bene è anche il male ed il bene di tutti coloro che son connessi con me e viceversa anche il tuo bene ed il tuo male lo è per me!
Siamo dentro un campo quantico in cui nessuno è escluso dall’influsso degli altri e nessuno può tirarsi fuori o autoescludersi.
La schizofrenica e narcisista cultura occidentale ci ha velenosamente convinto che ognuno di noi è separato ed interagisce con gli altri come le palle in un campo da bocce.
NO e NO: un’idiozia, un bel sistema per farci sentire soli!
Sempre per la legge dell’appartenenza un giorno un Uomo sulla croce disse: “Padre perdona loro, perché non sanno quello che fanno”. Recentemente un papa ha chiesto perdono per quello che la chiesa aveva commesso nel passato. In Sudafrica è stata portata avanti la riconciliazione fra neri e bianchi. E ci son tanti altri esempi di reintegrazione fra fazioni diverse.
Normalmente si chiede perdono per i propri errori, per le proprie responsabilità. Questo allora, che tipo di perdono è?
Io lo definirei un perdono vicariante, un perdono chiesto per conto di qualcun altro. Sennonché subito dopo ci si chiede che valore abbia.
E allora ci viene in soccorso la legge dell’appartenenza, la quale ci consente di chieder perdono per conto degli altri, quelli che navigano nella nostra piscina.
L’effetto “quantico” fa sì che si possa contrastare il veleno degli altri con la propria medicina.
Vi lancio una sfida.
Se conoscete vicino a voi una persona che nutre un gran rancore, un risentimento velenoso, provate in cuor vostro a dare il perdono a nome suo al suo nemico. Insistete e toccherete con mano qualche cosa di sorprendente.
Il vostro atteggiamento interiore va a contrastare e a modificare misteriosamente, in modo quantico, il campo o se volete la piscina dell’interazione.
Provare per credere!