Il grande dilemma: dominare o servire?
(Breve presentazione tratta dal libro: “Le vie del potere sono emotive”. 2023. Ed. Aracne. Roma.)
IL POTERE: PARTE I
Il Dominio e la seduzione
Il grande dilemma: dominare o servire?
Esiste un potere soggettivo ed uno intersoggettivo. Il potere soggettivo è il poter-essere, cioè l’essere pienamente se stessi, il poter realizzarsi, cioè poter-diventare della realizzazione del proprio potenziale personale. Ed infine anche il poter-fare, cioè il poter sviluppare i propri progetti. Il potere soggettivo si alimenta alla libertà di scelta nell’ambito delle possibilità e della responsabilità secondo un potenziale individuale, il quale si espleta su livelli diversi.
Esiste un potenziale personale fisico o prestazionale: avere successo in ambito sportivo o compiere imprese importanti. Esiste poi un potenziale personale estetico e seduttivo: essere ammirati, seguiti, imitati e invidiati. Esiste anche un potenziale morale di responsabilità personale in ambito relazionale e sociale. E infine esiste un potenziale di conoscenza, la capacità di dare sempre un senso, un signifi-cato ed una finalità al proprio essere ed agire.
Il potere intersoggettivo è il potere che si esercita nell’ambito della relazione con l’Altro. Il potere intersoggettivo si divide in poter-far-fare, che corrisponde all’esercizio del dominio sugli Altri, il quale agisce sulle vite e sulla psiche delle persone. Il poter-aiutare-ad-essere e a-fare si definisce in-vece servizio, che si espleta nell’accudimento, nell’insegnamento, nell’educazione, nella cura, e nella cittadinanza, cioè nel servizio politico, sociale ed anche nella difesa.
L’effetto dominio si attua attraverso l’inondazione e la manipolazione emotiva delle persone, al punto che si lascino sottomettere e si sentano costrette ad aderire al volere del dominatore. Il princi-pale intento di ogni dominatore è trasformare ogni cittadino libero in un suddito sottomesso ed ob-bediente. Le strategie d’imposizione e d’oppressione del dominatore, bullo, mafioso o dittatore, chiunque esso sia, si basano sull’attivare emozioni e motivazioni potenti, come paura e terrore, sensi di colpa, isolamento, ricorrendo anche al dolore e all’uso della forza. Esiste uno schema ricorrente che i dominatori abitualmente mettono in atto.
Quali sono le leggi che generano il dominio?
Legge dell’ostilità. Quando si percepisce l’Altro come nemico e si è decisamente convinti che rap-presenti un ostacolo o un pericolo dal quale difendersi sempre, allora conviene essere sempre ostili. La legge dell’ostilità si avvera ogni qualvolta nella relazione la rabbia sia la costante prevalente sull’affetto e il rispetto, fino a diventarne la regola, tanto da determinare uno stile di vita caratteriz-zato dalla violenza.
La via più immediata per accedere ad un qualche piacere, quando l’Altro rappresenti il pericolo e il nemico è il gusto della reazione o semplicemente del “te la faccio pagare!” Esiste, infatti, anche il piacere di far soffrire. I dominatori hanno avuto di solito un’infanzia negativa, fatta di maltratta-menti e abbandoni. Il dominio rappresenta per loro una specie di rivincita.
Alcuni esempi significativi. Il grande Gengis Khan (1162-1227), fondatore dell’Impero Mongolo, a neanche dieci anni, rimase orfano di padre. In seguito fu cacciato, assieme alla madre, dal gruppo di nomadi che suo papà aveva capeggiato.
Stalin (1878-2953), nato da una relazione extraconiugale, sino in fasce subì dei maltrattamenti da parte di un padre alcolista, detto “Beso il Matto”, e di una madre di facili costumi. Entrambi lo pic-chiavano, il padre perché lo odiava, la madre perché lo amava.
Hitler (1889-1945), figlio di genitori consanguinei, sin da piccolo ebbe ad assistere sia direttamente che indirettamente alla violenza. Il “signor padre”, questo è l’appellativo con cui si faceva chiamare, era un donnaiolo e spesso picchiava moglie e figlio. Una volta, il piccolo Hitler, stanco di vedere soffrire la madre per le violenze fisiche, lanciò un coltello al padre e quest’ultimo lo picchiò talmente tanto da ridurlo quasi in fin di vita. Le innumerevoli violenze ricevute, Adolf, le riproduceva a scuo-la, infatti, picchiava i suoi compagni di scuola ebrei.
Mussolini (1883-1945) ebbe un’educazione caratterizzata da una miscela tra violenza ed indottri-namento delle idee politiche del padre. Il padre del Duce era alcolizzato e tradiva spesso la moglie con tante donne, abitudine notoriamente praticata dal figlio, e nonostante quest’ultima sapesse delle avventure del marito decise, comunque, di rimanere al suo fianco. Mussolini eccelleva a scuola e nel teatro, però era un bullo, infatti picchiava senza pietà i suoi coetanei, come a volte faceva il padre per temprargli il carattere.
Legge del sospetto.
Quando l’Altro è percepito come un pericolo è necessario rimanere guardinghi nel coltivato sospetto, o paura, che possa recar danno in ogni momento. Se dunque l’Altro è nemico, come allora non averne timore e non preoccuparsi? Conviene mantenere l’allerta!
L’atteggiamento del sospetto è una costante dei dominatori notoriamente diffidenti, a volte al limi-te della paranoia, sempre reattivi per non cadere nella condizione d’essere danneggiati. Vivere di so-spetto, anzi averlo scritto nella memoria, determina un animo latentemente sempre invaso da timore e diffidenza, quindi costantemente sulla difensiva. Il sospetto interviene ogni qualvolta nella rela-zione con l’Altro, la paura prevalga sulla fiducia, fino a diventarne la costante, tanto da determinare un atteggiamento ombroso e circospetto.
Perché leggi dell’ostilità e del sospetto? Il termine legge sta a indicare che non si ha a che fare con delle emozioni passeggere, ma con sentimenti e atteggiamenti, cioè coi marcatori somatici , le memo-rie corporee. Le emozioni, infatti, ci dicono quello che ci piace e non ci piace, mentre sono i senti-menti a dirci “come vivere”, essendo collegati alle esperienze vissute. Le leggi dell’ostilità e del so-spetto sono da collegarsi ad un corpo “somaticamente imprintato” alla rabbia e alla paura.
Legge del controllo.
Allora la strategia ricorrente del dominatore è quella di erogare paura, e se oc-corre anche dolore, per ottenere la sottomissione, che è l’atteggiamento di chi vuole avere l’Altro sempre sotto controllo. Si sa che la funzione della paura è quella di informare del pericolo ed inibire l’attacco. La legge del controllo realizza i suoi fini ogni qualvolta la paura ed il dolore diventano la modalità abituale per inibire l’autonomia dell’Altro, al punto da ottenerne l’assoggettamento nelle varie forme di sottomissione.
Legge del nemico funzionale.
I dominatori vedono nemici da tutte le parti e sono anche bravissimi ad inventarseli pur di scaricare la propria aggressività. Ognuno di loro per perpetuare il proprio pote-re deve esser capace di distrarre da sé tutta la rabbia che genera l’esercizio del suo dominio. Ovvia-mente chi si ritrova nella condizione di assoggettato, imprigionato e sequestrato nella paura del do-minatore, prova e cova una rabbia, che non si placa, giacchè l’essere umano è nato per la libertà. Tale fatto turba sicuramente il sonno del dominatore, notoriamente ombroso, il quale non può certo taci-tare il segreto rancore dei sottomessi.
La strategia da sempre maggiormente praticata per deviare da sé la rabbia, è quella di designare un sostituto di odio, il nemico funzionale. La legge del nemico funzionale si concretizza quando un dominatore riesce a dar in pasto ai sottomessi un nemico da odiare, ottenendo così di deviare da sé la loro rabbia verso un altro bersaglio. Del resto il dominatore è un abile inventore di nemici.
Il nemico funzionale è stato impersonato da tante vittime… Comunque poco importa a quale cate-goria il dominatore faccia o abbia fatto ricorso per allontanare la rabbia da sé: importante è che la collera dei dominati abbia cambiato bersaglio. Una tale strategia ha, inoltre, offerto ai dominatori la possibilità di accreditarsi come difensori: la soluzione perfetta che li eleva al ruolo di salvatori. La soteriologia dei dominatori ha riempito i libri di storia e trabocca anche nell’informazione dei regimi attuali. I processi di mitizzazione riempiono la storia di figli di dei, di re semidei e dei più moderni protagonisti dai contorni carismatici, impersonanti il destino e la storia.
Legge della narrazione.
Ovviamente per continuare a spadroneggiare, il dominatore deve trasfor-mare le sue malefatte in epopea, occupando l’informazione con le sue ‘gesta’. Perché la strategia di-straente ottenga l’effetto voluto, ovviamente bisogna che sia condiviso il racconto, e che il sottomes-so non possa accedere ad altra informazione. La legge della narrazione si realizza quando il domina-tore riesce ad imporre una lettura e descrizione della realtà funzionale alla giustificazione del suo dominio. Ne consegue che l’informazione diventi informazione di regime e che i giornalisti o li stori-ci si debbano allineare ai dettami del dominatore. La disobbedienza non è tollerata ed il tasso di persecuzione, di soppressione e di ‘suicidazione’ (finti suicidi!) dei giornalisti è sempre stata elevato. Nell’anno 2021, sono stati uccisi nel mondo 47 giornalisti e operatori dei media.
È risaputo inoltre che i dominatori sono notoriamente degli infelici, che non sopportano il riso, l’ironia, la satira e i loro autori, le menti libere, gli artisti non allineati, ai quali riservano una persecu-zione violenta, volta allo scopo di stroncare le loro arti e le loro vite.
Cosa si nasconde dietro alla seduzione della pubblicità?
Anche la seduzione, nel senso radicalmente etimologico del significato di ‘condurre e guidare a sé’, rientra nelle strategie del dominio: un dominio apparentemente morbido e suadente, ma non me-no espropriante. Il seduttore è un particolare dominatore, che aspira al controllo dell’Altro secondo modalità diverse, ed intenzioni identiche invece nei fini. Lo scopo supremo rimane sempre e comun-que stabilire un controllo sull’Altro, pur nel variare delle strategie.
Sul piano delle cinque leggi del dominio il fine della seduzione, della pubblicità rimane invariato: “avere il controllo”. L’intento del seduttore non è più la sottomissione e l’obbedienza politica al do-minatore, ma trasformare ogni cittadino in consumatore, in “oloturia o tubo digerente”.
Legge dell’ostilità:
il registro cambia, si fa allettante, ma l’Altro rimane pur sempre nella visione del seduttore l’Altro-da-sottomettere, l’Altro di cui non fidarsi, il fuori-controllo, il cittadino libero nelle sue scelte e consumi da indirizzare.
Legge del sospetto:
ovviamente siccome le intenzioni dell’Altro sfuggono, è opportuno stare aller-ta, attivi, martellanti, ossessivi, sempre pronti ad approfittare delle opportunità per carpirne la fidu-cia, perciò la pubblicità è insistente ed assillante.
Legge del controllo:
il delitto perfetto del controllo, o seduzione dell’Altro, si consuma nel seque-stro timico , nel modificare la sua visione del mondo, in cui si confonde la felicità con la soddisfa-zione ed il piacere. L’Altro viene inondato e immerso nella convinzione che successo, possesso, po-tere e consumo si accompagnino alla felicità, ignorando che la competizione sfrenata e l’ansia da prestazione, il consumo distropico non vadano d’accordo con serenità e pace interiore, precondizioni della felicità. L’operazione riesce perfettamente quando dal consumo legato al bisogno, si passi al consumo identitario. L’uso dei prodotti non sarebbe più una risposta ad un bisogno, ma un atto di comunicazione, dove i beni diventano portatori di significato e valore, potendo svolgere il ruolo simbolico di espressione identitaria. Agli oggetti vengono associati, tramite la pubblicità, significati simbolici di valore che vanno a nutrire il narcisismo del consumatore. Le marche divengono espres-sioni simboliche di valori e i significati che, associati gli oggetti, ne giustificano l’uso e ne spiegano la notorietà. Avere una macchina, non è più il possedere un mezzo di trasporto che porti da un punto A ad uno B, ma un simbolo del proprio prestigio, successo e quant’altro.
“Vuoi mettere andare a prendere le sigarette col Ferrari, piuttosto che con la Panda!”
Legge del nemico funzionale.
Il rovescio della medaglia del consumo identitario è il capovolgi-mento del rapporto vittima/seduttore. Se nella strategia della dominazione il nemico funzionale è ben identificato, nella seduzione si avvera invece la diabolica condizione della separazione da sé, il dive-nire nemici di se stessi, fino al limite patologico della depressione. Infatti il nemico (salvo situazioni d’invidia) non è là fuori, ma dentro il sedotto, il quale si sente in colpa di non raggiungere il succes-so, la ricchezza o di non essere magari sufficientemente competitivo e di non permettersi il meglio.
Legge della narrazione:
chi ascoltasse con attenzione il lessico pubblicitario ed analizzasse il lin-guaggio suggestivo praticato, parrebbe che non si raccontino bugie, sebbene il messaggio sia subdolo nelle sue motivazioni! Le emozioni suggestionate hanno un che sempre di latentemente falso, perché le risposte che si danno ai bisogni richiamati non sono in funzione del bene dell’Altro, ma sono sem-pre in funzione del profitto e dalla vendita del seduttore, il quale non si rivolge ad un essere umano, a un cittadino, ma ad un consumatore. La via quindi non è il dialogo responsabile, il confronto ra-zionale, ma la suggestione che si rivolge alle emozioni per catturare il consumatore e trasformarlo in oloturia!
Tutto è possibile là dove impera l’analfabetismo emozionale totale, per cui si possa dire che una bi-bita regali felicità. Nello sfondo della narrazione seduttiva comanda l’ideologia consumistica, se-condo cui più alto fosse il consumo, il successo ed il possesso e più alta sarebbe la felicità. Niente di più timologicamente falso! I nuovi dominatori non siedono più negli alti scranni del potere, ma nelle stanze della finanza e della speculazione. Non comandano più le armi, ma il denaro, ed il controllo in funzione dell’accumulo. Metà della ricchezza netta del mondo appartiene all’1% della popolazio-ne, il 10% detiene l’85%, mentre il 90% detiene il restante 15% della ricchezza totale del mondo, il top 30% dei ricchi al mondo detiene il 97% della ricchezza totale.