Guarire con il perdono

Riporto la testimonianza ed il seguito scritti da Barbara sulla sua guarigione, avvenuti in seguito al perdono terapeutico.

“Il mio nome è Barbara

Nel 2001, dopo mesi di malesseri ai quali nessuno riusciva dare una spiegazione, vengo portata al pronto soccorso (per l’ennesima volta) perché in debito d’ossigeno e convinta di essere vicina alla morte.

Mi viene somministrata una dose di valium per calmarmi e il medico del pronto soccorso mi propone un colloquio con uno psichiatra, avendo la struttura un’unità di supporto mentale.

La dottoressa mi diagnosticò quella che nel referto venne inserita come SDAP, sindrome da attacchi di panico. Mi venne consigliata una terapia dalla dottoressa e mi prescrissero il Prozac e, per gli stati d’ansia lo Xanax.

Inizio la terapia con la dottoressa vista in pronto soccorso ma, essendo parecchio caparbia e non accontentandomi di un singolo consulto, dopo aver discusso con i miei genitori prendo la decisione di andare da un luminare in una clinica privata.

Del medico in questione si vociferava avesse fatto miracoli con un cliente di mio padre, guarito in una settimana con alcune iniezioni. Il primo pensiero fu: beh una settimana e sono guarita non sembra essere poi così male.

Durante il colloquio il medico redige la mia storia clinica riguardante i disturbi e, alla fine, mi dice che avrei dovuto conviverci per il resto della vita, continuando con la terapia prescrittami dal precedente medico.

Come detto in precedenza sono una persona caparbia, e aggiungo razionale; possibile che non ci fosse niente che potesse far scomparire questi dannati stati in cui la mia mente partiva da sola e non ero in grado di fermarla? Arrivai a pensare di essere sull’orlo della pazzia.

Ma nella mia testolina (che definirei un po’ pazzerella) già frullava in testa un’idea. Chissà perché la mia mente mi proponeva un percorso terapeutico definitivo con l’ipnosi. Ho sempre aborrito l’idea dell’ipnosi, una persona che “manomette” il tuo cervello e ti fa fare ciò che vuole. Ma, pensavo, se mi fa sparire gli attacchi di panico, al diavolo ciò che penso, che ipnosi sia. Rivoglio la mia vita.

Il medico rimase sorpreso dalla mia richiesta e mi disse che si sarebbe informato.

Arrivai così ad un medico che professava l’ipnosi Junghiana nel capoluogo di provincia in cui vivo.

Iniziamo a fissare gli appuntamenti e la terapia.

Dimentico di dire che questi attacchi di panico hanno interferito nella mia quotidianità e nella mia libertà di movimento in quanto, nel momento in cui salivo in auto, riuscivo a fare poca strada guidando da sola e, per i lunghi tragitti, dovevo appoggiarmi a qualcuno che mi accompagnasse. All’inizio, addirittura, nemmeno volevo saperne di salire in auto, immaginarsi guidarla. Perciò venivo accompagnata al lavoro, così come in qualsiasi altro posto, dal mio ex marito o da qualche buon’anima compassionevole.

Le sedute di ipnosi durano circa due anni, nei quali emerge una cosa che avevo completamente rimosso. Nell’età della pubertà ero stata molestata dal marito di un’amica di mia mamma. L’aspetto più negativo della faccenda è che, nel momento in cui mi feci coraggio e lo dissi a mia madre (che vedevo come mia salvatrice) non volle credermi, così trovai un mio modo per evitare il molestatore.

Gli attacchi non intaccavano solamente la guida, nei momenti di stress dovuti al lavoro loro si presentavano e mi lasciavano senza forze. Solitamente, dopo ogni attacco, il mio fisico necessitava di un lungo sonno al fine di recuperare le forze perdute nello sforzo di combatterlo.

Altri medici visti, cambi di terapia. Tutto questo alternato a periodi buoni e periodi cattivi.

La penultima avventura l’ho vissuta con un emerito c…ne. Lessi alcuni libri di questo genio che si professava Dio in terra. Aveva curato migliaia di persone con l’ipnosi regressiva.

Dopo aver smosso tutte le conoscenze che avevo, riesco a farmi fissare un appuntamento. Il genio gestiva la sua professione a più di 100 km da dove abito. Non solo, le sedute dovevano essere pagate in anticipo.

Ho avuto con lui qualcosa come 8 incontri. Solo in uno di questi ha tentato di farmi regredire (non riuscendoci) e, al termine dell’ “ipnosi”, mi ha suonato con la sua chitarra una canzone nella quale, a suo dire, Mick Jagger avrebbe voluto avere una partecipazione. Uscita dalla porta ho pensato che il pazzo (laddove ve ne fosse stato uno) era rimasto nella stanza. Non andai più.

A metà febbraio di quest’anno un’amica mi dice: gli arcangeli sono in visita, se li vuoi li faccio venire da te. Penso, le abbiamo provate tutte perché non questa. Eseguo la procedura, li accolgo, faccio i rituali e, nel giorno prefissato per la loro partenza, li saluto e ringrazio.

Aspetto e aspetto che qualche segnale arrivi e, alla fine del mese la mia dolce mamma mi dice: “Sai quel professore di cui ti parlavo, quello che viene all’università della terza età, quello che parla della guarigione attraverso il perdono?”, le rispondo che si, me lo ricordo perché lei aveva saltato la lezione da lui tenuta e aveva insistito parecchio affinché le prestassi un hard disk esterno in cui, un partecipante che aveva filmato la lezione, avrebbe salvato la stessa.

“Beh”, mi dice, “tiene una lezione il prossimo lunedì pomeriggio in un convento, vieni con me e ascoltalo”.

Lì per lì le dico che ci penserò, l’idea era quella di non andare, sinceramente. Mamma è una persona molto credente, molto praticante e molto osservante. Insomma molto molto.

Il lunedì mattina mi richiama alla memoria l’incontro del pomeriggio e nicchio. Alle due e mezza, non so perché ma qualcosa mi induce ad andare, acconsento e partiamo.

Entriamo e ci troviamo in mezzo a tutte suore e qualche altro partecipante esterno. L’oratore era il professor Carluccio Bonesso. Lo vedo alla cattedra, sorridente e molto sereno. Mah, penso, staremo a vedere. Inizia presentandosi come VIP (vecchio in pensione) e parte con il suo intervento. Non volava una mosca, un silenzio irreale era sceso sulla sala (a parte qualche suora che ogni tanto tossiva o faceva domande). Ad un tratto descrive una scena tipo che ho vissuto a casa mia ed inizio a ridermela sotto i baffi, la situazione riguardava qualcosa fatta da mia mamma e, di beccarla in castagna, non mi sembrava vero.

Sono rimasta coinvolta dall’intervento, non ho perso una parola di ciò che Carluccio diceva.

Alla fine del suo intervento mia madre si era accordata con l’organizzatrice dello stesso, per farmi ricevere da Carluccio.

Aspetto mentre lui finisce di parlare con una coppia e poi si gira e mi guarda, mi fa sedere con lui alla cattedra e mi chiede di parlargli di me. Dopo poco mi dice: “Sai io non faccio più terapia, non ho tempo, ora faccio il formatore e così via”. Poi, di punto in bianco mi dice: “Tu quando saresti libera?” Gli dico chiaramente che, pur di stare meglio, quando andava meglio a lui. Così fissiamo per il mercoledì successivo.

Il mercoledì arriviamo da lui e mi attacca ad una macchina. Una macchina che continuava a fare un bip fastidioso e che faceva capire a lui ciò di cui avevo bisogno.

Mi chiede se sono credente e gli rispondo che credo ci sia una presenza divina, universo, Dio, chiamiamolo come vogliamo, ma credo fermamente che ci sia.

La sua opinione era che io avessi dei sospesi con alcune persone e che dovevo lasciarle andare perdonandole.

Vabbè, perdonare, facile a dirsi …

Ma lui mi da delle indicazioni e la sera stessa inizio con la terapia del perdono. All’inizio niente, poi, piano piano, una sensazione piacevolissima allo stomaco mi pervade nel momento in cui io chiedo a Dio.

Dallo stomaco è passata al plesso solare ed ora la sento vicino alla gola.

Nel mese di marzo ho fatto le mie prime due volte, sola soletta, in auto andata e ritorno senza alcun problema.

Associato al problema degli attacchi di panico soffro, o meglio soffrivo, di claustrofobia.

Nel primo week end di Aprile Carluccio mi propone di seguirlo ad un convegno in quel di Stresa, posto tra l’altro incantevole. Soggiornavo in un hotel diverso da quello dove si teneva il seminario, e in cui era alloggiato Carluccio stesso, in quanto non vi erano più stanze a disposizione. Ero alloggiata in un hotel, nella mansarda al terzo piano. Il giorno stesso del nostro arrivo ci registriamo e noto che nella segreteria c’erano manuali e libri sulla spiritualità. Dico a Carluccio “Perché non mettiamo anche un paio dei tuoi libri?”. Lui era prontissimo ad andarli a prendere ma, per non fargli affaticare la gamba, mi offro di andarli a prendere per lui. Aveva parcheggiato l’auto nel seminterrato dell’hotel. Rifaccio la strada percorsa in precedenza con Carluccio e gli porto i libri. La sera mi accompagna molto gentilmente al mio hotel e mi aiuta con i bagagli. Saliamo in ascensore e poi lui torna al suo hotel.

Inutile dire che ho incontrato persone incredibili nella particolarità dei loro doni spirituali, molto semplici e pure divertenti. La cosa importante, comunque, è che, mentre guidava verso casa, mi si è squarciata la mente ed ho sbottato: “Carluccio! Da non credere, ho sempre preso l’ascensore da sola e non me ne sono neppure accorta!”. E non solo nel mio hotel (che era di soli 3 piani) ma anche nell’hotel dove si teneva il convegno che ne conta ben 7. Al settimo piano si trova una terrazza meravigliosa con piscina ed una veduta di Stresa che lascia senza fiato. Cacchio, ho pensato, sono troppo forte …

Sono scesa a 23 gocce di antidepressivo e cerco di limitare l’ansiolitico.

Altra cosa non meno importante, mi ha insegnato a fare training autogeno. I passi sono cinque, ma quando arrivo al secondo faccio dei sonni da urlo e mi sveglio in pace con me stessa. Con questa “terapia” ho scoperto di soffrire meno di mal di testa, cosa che in passato mi costringeva talvolta a letto con fotosensibilità, insofferenza ai rumori e nausea spesso associata a vomito. Sono passata a massimo due mal di testa al mese.

Ho sempre avuto una grande attività onirica, ricordando al risveglio sensazioni, colori, particolari (talvolta nei sogni parlo anche in inglese), ma da quando ho iniziato questo percorso i sogni si sono ridotti notevolmente, a volte nemmeno sogno più. E questo è un traguardo a cui non avrei più sperato di arrivare.

Dopo ben 13 anni di “sofferenza” sto finalmente iniziando a tornare ciò che ero prima.

E per questo devo solo ringraziare il professor Carluccio Bonesso.

Un consiglio: PERDONATE E FATEVI PERDONARE.

Barbara

 

“Sono sempre Barbara.

Ho terminato la prima testimonianza lasciandovi a 23 gocce di antidepressivo e ansiolitico a necessità.

Bene. L’ultimissima è che da una settimana non prendo più l’antidepressivo.

Parlando con Carluccio esce che sto cercando di diminuire gradualmente l’antidepressivo. Mi chiede quante gocce assumo al giorno e rispondo che sono scesa a 20. Lui mi guarda e mi dice che la quantità che prendo è davvero insignificante a livello mentale e che è solo il mio corpo che non accetta il fatto di chiudere il ns rapporto di “amicizia”.

Ne parla con un amico medico e mi passa il suo indirizzo mail. Faccio presente che ho conosciuto il medico in questione lo scorso giugno, in un corso che ha tenuto Carluccio con un suo altro amico medico, a San Bonifacio. Spero ricordiate le due gitarelle che ho fatto da sola in auto …

Scrivo al medico in questione e gli chiedo come posso smettere di prendere l’antidepressivo. Mi risponde dicendo di scendere da 20 a 10 nella settimana successiva e da 10 a 0 in quella ancora successiva. Il tutto, ovviamente, affiancato ad una cura che mi avrebbe aiutata nel piano d’azione.

La mia forma mentis si ribella. Oddio, 10 gocce in una settimana. Non ce la posso fare. Così mi consulto con lui e gli comunico quella che potrebbe essere una soluzione più adatta alla mia forma mentis. Diminuire di 2 gocce la settimana fino ad arrivare a 0. Mi risponde e mi dice che non c’è problema solo che mi ci sarebbe voluto più tempo. Vi informo che, la cura che mi ha affiancato era in punture. Ne ho fatte ben 50, ma ne è valsa la pena. Ora mattina e sera, assumo tintura madre di iperico. Rimedio assolutamente naturale. Devo essere onesta con voi, prendo sempre (a necessità) l’ansiolitico, ma pure quello sta diminuendo.

Nel periodo in questione ho due episodi che mi riportano ai bei tempi bui andati.

Il primo un mattino, verso le 12. Sono a casa, non ricordo cosa stessi facendo, ma inizia a prendermi la testa e il respiro si fa corto e affannato. Chiamo mia mamma. Solitamente, quando capisco che l’ansiolitico non può tamponare la situazione, cerco di spostare il pensiero in altre direzioni. Ma per fare questo mi serve qualcuno. Mamma arriva, andiamo in cucina, e si siede e mi guarda. Capite, mi guarda. E mi guarda ancora. Non stacca gli occhi da me. E questo mi manda ancora più fuori di testa. Perché? Ma perché deve parlarmi o farmi parlare! Così bevo. E mi accendo la tv. Sono seduta davanti alla tv, con mia mamma che mi fissa, una bottiglia di acqua in mano e guardo la tv. La guardo senza vederla, né sentirla. Solo la guardo. E mi lascio andare completamente. Mi dico (e qui vi prego lasciatemi passare il francesismo) ma che si fotta, se deve prendermi il cervello che lo faccia. BAM! Respiro normale. In un batter d’occhio. E penso, tra me e me, mah …

Una settimana dopo sto dormendo. Sogno di essere in auto. Guido veloce, forse scappo da qualcosa. Il respiro inizia a farsi irregolare, di nuovo fame d’aria. So, nel sogno, che non riuscirò a raggiungere le dannate gocce. Così mi fermo e rimango a guardare, a sentire, a cercare di cogliere cosa sta accadendo. E di nuovo BAM! Respiro regolare.

Ogni tanto rompo le scatole a Carluccio per i miei sogni strampalati. Così la mattina lo chiamo e inizio a raccontargli il sogno. Lui è uno forte, anzi fortissimo, e non lascia che gli racconti tutto il sogno ma mi ferma a quando gli dico che non riesco a respirare e neppure a raggiungere le dannate gocce. Inizia a farmi l’analisi del sogno e, ad un certo punto gli dico: “Carluccio, le gocce non mi sono servite, perché (come nell’episodio della settimana precedente) nel sogno mi sono fermata e sono rimasta a guardare”. Penso che abbia fatto un salto sulla sedia perché, quando gliel’ho detto mi fa: “siamo a cavallo, il sogno ti dice che anche a livello inconscio hai capito che le gocce non servono e stai prendendo questo metodo come collaudato”.

Che dire. Ora sono felice di aver smesso il Dropaxin e iniziato a prendere la tintura madre. Un passo l’ho fatto, tra un po’ ne farò un altro per diminuire e, magari, smettere pure la tintura madre.

Altra cosa, sono tornata agli studi, dopo aver affrontato il grande ostacolo rappresentato da papà (pensavo non fosse in grado di capire la materia scelta, lui è uno che se non ti sporchi le mani, non hai lavorato).

Sembra stia riprendendo in mano le redini della mia vita e la cosa è strafica!

Un pensiero positivo a tutti Voi,

Barbara