L’insoddisfazione è l’emozione che segnala il mancato soddisfacimento di un bisogno e attiva i sistemi di comando delle emozioni di base che presiedono agli stati carenziali:
“Ho bisogno di qualcosa!”.
Questi sistemi generano le sensazioni di dispiacere:
“Ma di che cosa?”
Sarà poi la specificità dell’insoddisfazione ad attivare l’emozione che guida alla risposta:
“Ho capito. C’ho fame, sete … ecc!”
L’insoddisfazione/dispiacere è una emozione lessicalmente molto ampia e ne rappresenta diverse altre analoghe: noia, disagio, seccatura, contrarietà, fastidio, dispiacere, frustrazione, irritazione, insofferenza, insopportabilità, malessere, sgradevolezza, disappunto, stress, solo per citare le più comuni.
L’insoddisfazione nella lingua italiana rientra anche nelle categorie della tristezza. Nel sistema primitivo riguardante tutte le forme di vita animale è invece da intendersi come il sentire che accompagna la “non saturazione” dei bisogni primari.
Essendo il sentimento che segnala il mancato appagamento, corrisponde conseguentemente ad un malessere più o meno acuto. È presente fin dai primi attimi della vita, e lo sanno bene le mamme, quando il bambino più volte al giorno chiede con il pianto d’esser soddisfatto.
Negli adulti l’insoddisfazione si allarga agli altri ambiti della vita: l’esistenziale, il sentimentale, il lavorativo, il ricreativo, ecc. Talora l’insoddisfazione rimane legata ad esperienze infantili di frustrazione e si trasforma in comportamenti frenetici di ricerca continua di piacere, per altro poco efficace, perché incapace di andare a modificare quei livelli profondi della memoria che contengono la sofferenza infantile.
Su tutto questo s’inseriscono anche le aspettative del singolo e l’errata convinzione che la soddisfazione sia sinonimo di felicità. Agiatezza, ricchezza ed anche il superfluo non vogliono dire felicità. Esistono infatti ricchi che sono degli insoddisfatti cronici, dei depressi alla ricerca continua di nuovi stimoli.
La mia esperienza di conoscenza diretta di personaggi noti, ricchi e straricchi, mi fa dire che pur nella loro diversità e particolarità individuale, tutti avevano una caratteristica in comune: nessuno di loro era felice! Infatti esistono persone che vivono con poco e sono felici. Ovviamente non si esclude a priori che ci siano dei ricchi felici e dei poveri infelici.
L’insoddisfazione non è da considerare sempre negativamente. La sua funzione è di segnalare uno stato carenziale. Semmai l’errore comincia quando si va ad identificare il bisogno. È lì che ha origine l’equivoco, perché si pensa che qualcosa di esterno possa placare il bisogno. Ciò è vero fin che si tratta di bisogni primari, ma per il resto tutto si risolve nella delusione.
E allora che fare? Occorre fare silenzio, mettere la sordina alle mille voci che urlano nella nostra anima. Mettersi nella condizione di umile semplicità e lasciar emergere il vero necessario, quello giusto per noi, che è poi anche più facilmente raggiungibile.
Forse è già qui! Prova ad ascoltarlo!