Un ecosistema è rappresentato dall’interazione fra gli esseri viventi con l’ambiente fisico in cui vivono e dall’equilibrio che si stabilisce fra loro. Quando si parla di uomini esiste anche un ecosistema emotivo generato dalle loro emozioni, passioni, atteggiamenti e motivazioni che determino il clima emotivo generale. Non ci sono solo gli eventi atmosferici, anche il sentire umano va soggetto alle tempeste emotive, al freddo, al caldo, alle fioriture, agli incendi e ai profumi delle passioni, e all’inquinamento emotivo delle emozioni tossiche. Esistono infatti la guerra e la pace, l’amore e l’odio, l’empatia e l’indifferenza, la collaborazione e lo sfruttamento.
L’ecosistema emotivo è costituito da due componenti in stretta relazione: la prima rappresentata dagli esseri umani con i loro bisogni e l’altra dalle emozioni che nascono dalle interazioni fra loro. Come tale l’ecosistema emotivo è una porzione dell’ambiente emotivo universale rappresentato dell’intera umanità. Ogni ecosistema emotivo poggia la propria sopravvivenza sull’armonia delle relazioni, senza la quale tutto degrada nel conflitto.
L’interazione tra i bisogni umani e l’ambiente (il mondo e gli altri) è costante, pertanto si è sempre dentro un sentire emotivo. Semmai il problema è l’esserne consapevoli. Dimenticarlo può portare al sequestro emozionale, cioè a vivere in balia del proprio sentire. E giacché siamo sempre immersi in un ambiente emotivo come in una grande ‘piscina’, di conseguenza la nostra presenza influisce sull’ambiente emotivo, perché genera e modifica continuamente l’interazione. Dalla relazione non si esce: siamo responsabili tutti e sempre del clima emotivo che c’è intorno a noi. Nell’interazione con gli altri le nostre emozioni modificano l’ambiente emotivo, come se portassimo nella ‘piscina emotiva’ il colore delle nostre emozioni.
L’ecosistema emotivo classe è caratterizzato dalla polisensorialità: udito, vista, olfatto, sapori, contatto e vicinanza in modalità cross-modale. Mentre l’ecosistema emotivo classe in DAD è caratterizzato invece dalla monosensorialità: udito modificato e visibilità ristretta: olfatto, sapori, contatto e vicinanza assenti. L’ambiente virtuale è una modalità sensorialmente carente: c’è comunicazione, ma in deprivazione sensoriale e quindi in interazione povera.
La percezione cross-modale implica che, ciò che sta accadendo ad uno specifico senso, influenzi ciò che sperimentiamo in un altro senso. Ad esempio, se in un’enoteca vengono accese luci rosse, il vino nel bicchiere sembrerà avere un sapore più dolce e fruttato;sgranocchiare delle patatine avendo il raffreddore, con naso tappato e orecchie chiuse, toglie il gusto ed il piacere. Modificare ciò che una persona vede e ode può alterare radicalmente ciò che sente, e cambiare ciò che sente può influenzare ciò che percepisce, e alterare ciò che percepisce può modificare ciò che vive.
In DAD la perdita della percezione cross-modale ha come conseguenza sul piano emotivo un effetto di spaesamento. Da qui la sensazione diffusa di solitudine, paura ed ansia, perdita dell’effetto olofonia, ilsuono totale dei rumori della classe, che genera l’effetto presenza in classe, la sensazione di piscina emotiva, l’esser-dentro dell’appartenenza e della complicità. Nell’ippocampo, parte del cervello che svolge l’importante funzione di formazione delle memorie, di trasformazione della memoria a breve termine in memoria a lungo termine e nella navigazione spaziale, accanto ai “neuroni GPS” che codificano la propria posizione nello spazio, esiste anche un gruppo di cellule che controlla in modo specifico la posizione spaziale di altri appartenenti alla propria specie. Questa funzione in DAD, confusa, ingannata, ovviamente in sofferenza e contro-empatica, porta all’indifferenza.
L’empatia è caratterizzata dalla cross-modalità determinata dalla presenza dell’Altro: «ti vedo, ti sento, ti odoro, gusto la tua presenza, ti tocco, siamo vicini!» Tutti i sensi s’incrociano: cross vuol dire infatti incrociare, attraversare. In DAD la monosensorialità riduce l’empatia a causa della distanza e per carenza di attivazione dei neuroni specchio (mirror): «ti vedo e non ti vedo, ti sento in qualche modo, niente odori, gusto, presenza, tocco, vicinanza!» Manca la cross-modalità!
Allo stato attuale dell’avanzamento della ricerca sull’empatia si possono distinguere due sistemi mirror. Il primo, in ordine di scoperta, è il sistema mirror frontale, comprendente il lobo parietale, la corteccia prefrontale, la porzione caudale del giro frontale inferiore ed è specifico del riconoscimento delle azioni volontarie, fondamentale quindi nella competenza comportamentale. Il secondo, il sistema mirror limbico dell’empatia emotiva, comprende l’insula e la corteccia frontale anteriore mesiale, ed è specifico del riconoscimento dei comportamenti affettivi, fondamentale per l’apprendimento emotivo, basilare per la competenza relazionale, le cui carenze e difficoltà determinano l’analfabetismo emozionale con tutti i suoi sequestri emotivi.
Non sfugga il fatto che il sistema mirror limbico è evolutivamente più arcaico del sistema mirror frontale. Sarebbe come dire che il sistema mirror emotivo, prevalentemente addetto alla relazione, precede il sistema mirror frontale, che rispecchia le azioni e inferisce le intenzioni. Su questa evidenza cerebrale si fonda l’assioma secondo cui la relazione precede sempre l’azione. L’essere umano possiede strutture cerebrali atte a percepire gli altri esseri umani non come altro-da-sé, ma come altro-come-sé. L’empatia è la capacità di immedesimarsi con gli stati d’animo e con i pensieri delle altre persone, sulla base della comprensione dei loro segnali emozionali, dell’assunzione della loro prospettiva soggettiva e della condivisione dei loro sentimenti (Bonino, 1994). È evidente che in carenza di sensorialità e cross-modalità sarà bassa anche l’empatia. Colui che non è presente, o è poco accessibile sensorialmente, non attiva, o attiva poco, i mirror e le dinamiche sensoriali con ovvia caduta della funzione empatica. La lontananza fisica ha i suoi costi emotivi in termini di solitudine, impotenza, paure, rabbie.
Le ricerche sul vissuto emotivo degli studenti in DAD sono abbastanza concordi nel riferire della sofferenza: mediamente il 90% afferma di avere molti timori rispetto all’andamento dell’anno scolastico in corso; l’alternanza tra presenza e distanza, preoccupa oltre l’80% e mette in ansia il 20%. Tutti gli intervistati lamentano la perdita del costante riscontro del docente e la mancanza di una relazione fisica con i propri compagni.
La distanza impoverisce l’empatia. Ma le parole agiscono sul cervello in quanto stimolano la secrezione di ormoni in specifiche aree cerebrali: l’ippocampo, le cortecce temporali e frontali, zone in cui sono attivi i mirror e si accende l’empatia. Il dialogo empatico ed il raccontarsi senza giudizio contribuiscono a migliorare l’umore e quindi ad approcciare meglio la vita e le fatiche. Le parole agiscono attraverso i neuroni specchio. Le parole costruiscono mappe, realtà e la modificano. Le parole costruiscono scenari e li significano. Le parole fanno cultura ed anche esperienza.
Si deve anche sapere che non esiste la paura, la solitudine, la rabbia, la tristezza! Esiste invece un corpo impaurito, solo, stanco, arrabbiato e triste: la persona è anche le sue emozioni! Le emozioni non sono un vestito che si mette si toglie e cambia, sono un modo di essere del corpo e della persona. La scuola non è solo didattica, ma anche un luogo di appartenenza dove si condivide e ci si prende cura l’un dell’altro. Dare spazio alle emozioni è indispensabile. È importante sentire accolte le nostre emozioni, i nostri pensieri. Perciò vanno create anche a distanza opportunità di lavoro in comune, di gruppo, di scambio, per nutrire la relazione e l’appartenenza, e per facilitare attraverso emozioni positive un apprendimento efficace.
La didattica a distanza può farsi vicinanza solo col farsi presenti al bisogno di stare in connessione, vicini, in relazione. La distanza fisica può essere attenuata solo dalla vicinanza empatica. Sembra infatti che la DAD abbia dovuto primariamente rispondere alle esigenze emotive e relazionali e secondariamente a quelle scolastiche. Perché noi siamo soprattutto esseri sociali! Il dare spazio alle emozioni, prepara studenti e docenti per quando torneranno a scuola e avranno il desiderio e la necessità di raccontarsi, di condividere ciò che hanno attraversato durante questi mesi, di confrontarsi reciprocamente per scoprire che il proprio vissuto non è poi così diverso dall’altro. Ciò aumenterà la conoscenza di Sé e dell’Altro. Vicinanza
Paure, solitudine, rabbie e tristezze prosperano là dove non si ha consapevolezza dell’ecosistema emotivo in cui si è costantemente immersi. Ogni appartenenza vive di affettività. Come si divide il pane nelle appartenenze, così si condividono il sentire, le emozioni e le parole in ascolto e rispetto, perché tutti abbiamo bisogno di tutti.
Prof Carluccio Boneso